26 mar 2010

The book is on the table

Dopo un paio di tappe in bici da Dali a Lijiang e qualche giorno speso da mio zio, riparto verso Nord, in direzione di Shangri-la', Dequin e le Meili Snow Mountain, una catena montuosa sopra i 6500 metri di altitudine, con il sacro Kawa Karpo, la montagna più sacra per i tibetani (migliaia di pellegrini ogni anno percorrono i 250 km della base in una "kora" di 12 giorni).
Arrivato a Shangri-la', mi riposo un giorno e visito un villaggio tibetano, poi cominciano 2 giorni veramente particolari. Prendo la bici e dovevo fare circa 110km, di cui una ventina di salite e circa 30 di una discesa fantastica, bella pedalabile. Me la prendo comoda, il paesaggio è bellissimo, ma ci sono tanti lavori per strada (inutili, come tutti quelli che ho visto negli ultimi 20 giorni, visto che è una strada che collega 2 paesi da 60.000 abitanti a 190 km di distanza, con nel mezzo il nulla... ma i soldi dello stimolo da qualche parte devono pur andare) e quindi arrivo in un paesino (l'ultimo prima del passo a 4000 metri) che è già buio. C'è una sola guest-house completamente piena, di tutti i tipi che lavorano per strada... meno male che trovo uno che parla un po' di inglese, è il professore della scuola elementare, e insieme insistiamo un po'. Alla fine uno di loro mi cede il suo letto: dormirà con il suo vicino.
Le camere sono da tre (la nostra diventa da 4) e quando chiedo dove posso fare una doccia mi dicono che è una "basic accomodation", non c'è il bagno, non solo in camera, ma in tutto l'edificio. Se voglio c'è uno dei cessi pubblici al di là della strada quelli all'aperto, con i muretti alti 1 metro e senza porta). Sono leggermente sudato, ma va bene uguale, mi laverò il giorno dopo. Mi chiedo però come facciano loro, che lavorano tutto il giorno tra polvere, ruspe e picconi a vivere lì per dei mesi... vado a letto verso le 10 e comincia la processione di gente che vuole vedermi e che grida "hello" dal corridoio. Il mio vicino mi prende il telefono, ci smanetta un po', poi prende il suo e me lo passa: aveva chiamato la figlia, a 3000 km di distanza, visto che lei conosce qualche parola di inglese. L'altro vicino si fuma una sigaretta dopo l'altra, 6 solo tra le 10 e le 11, ma mi sveglio un momento alle 4 e lo becco che ne ha accesa un'altra (ovviamente smoccolando sempre per terra). Ad un certo punto decidono che è ora di dormire, quindi spengono la luce... o meglio, visto che non c'è l'interruttore, si avvicina uno con un fazzoletto e svita la lampadina.
La mattina dopo mi sveglio presto perché il ragazzo che parlava inglese mi ha invitato a visitare la sua scuola. Arrivo alle 9.20 e mi fa fare lezione di inglese!! "What's your name?", i numeri, le parti del corpo, i mezzi di trasporto, qualche altra parola. I bambini hanno 11 anni e sono troppo disciplinati: appena li guardi si alzano in piedi e ci restano fino a quando non gli dici di sedersi. Se ti dimentichi loro sono capaci di rimanere così per delle ore. Una bambina balla, uno canta, qualcuno risponde alle domande, veramente bellissimo. Poi all'intervallo esce fuori tutto il condizionamento a cui sono sottoposti. Un fischio e sono tutti in fila per un ballo di gruppo, un altro fischio e tutti allineati per prendere le caramelle, silenziosi e ordinatissimi. Poi finalmente possono giocare per un po'.
Me ne vado e mi aspettano 85 km per la nuova meta. Di questi i primi 33 sono in costante salita, da 2.650 a 4.300, una mazzata incredibile. Tengo gli 11 all'ora, gran risultato, ma in cima sono cotto e ovviamente nel punto più scomodo appoggio male la bici, cade, si rompe un raggio e qualcosa nella ruota dietro. Mi siedo a bordo strada per provare a sistemare il tutto, senza avere nemmeno la forza per imprecare, ma essendo imbranato non risolvo nulla. Stavo già pensando di lasciare li la bici (un cimitero bellissimo per lei, subito dopo il passo, e soprattutto non avrei dovuto pensare a come riportarla a casa facendomi migliaia di km tra treno e aerei), caricarmi lo zaino in spalla e fare l'autostop quando una macchina si ferma. Speravo per aiutarmi e invece erano 2 ragazzi cinesi con macchine fotografiche spaziali che volevano farmi delle foto, immortalare la sofferenza e la sfiga. Faccio finta di continuare a lavorare, lancio qualche lamento e in un attimo li intorto: mi caricano la bici, salgo di dietro e mi faccio portare alla città dopo. Meno male che sono passati loro, perché dopo un po' di discesa c'era un'altra decina di km di salita, più altri 30 in discesa o falsopiano. E soprattutto non un bar o negozietto e io avevo già finito tutto il mangiare e il bere. In 85 km non una casa o un angolo di umanità, solo degli operai che mi hanno offerto il the. Sarei arrivato stremato, così invece un bel viaggio in prima classe, in un panorama incredibile, tutto in costa, circondato da montagne innevate, oltre i 5000 metri. Mi hanno perfino accompagnato da uno che mi ha riparato la bici!!

15 mar 2010

Riso e zampe di gallina

Dopo una lunga assenza, complici un po' di spagnoli e l'aver trovato mio zio, riprendiamo a scrivere, finalmente di Cina. Il primo impatto è stato fortissimo: arrivo a Jinghong alle 11 di sera, mille luci, scritte incomprensibili, nessuno che parla inglese, una cena fantastica, tutto che costa poco. Non so perché ma mi sono sentito catapultato in qualcosa di "grosso". Nei due giorni seguenti mi accorgo che la città è veramente bella, tutta pulita, ordinata, con poco traffico, un clima fantastico e tante contraddizioni. Ogni 5 minuti cambio idea sui cinesi: la polizia ti blocca in bici, ma quando riesci a passare il paesaggio è bellissimo, non mi fanno entrare negli internet cafè, ma mi hanno invitato spesso a cena in casa, internet è censurato, ma tutti fanno tutto all'aperto (un tavolino fuori dal negozio e cena tutta la famiglia, oppure si gioca a carte, scacchi o majhong con i vicini, rigorosamente a soldi). Come spiegarselo? Non so, forse la Cina (politica) è diversa dai cinesi, o lo Yunnan (pieno di minoranze) è diverso dalle altre regioni (Han). In soli 10 giorni ho visto paesini sperduti, con le donne vestite negli abiti tradizionali e metropoli da 5 milioni di abitanti che nemmeno sapevo esistessero, contadini che contano il decimo di yuan e orde di turisti locali con macchine fotografiche che i giapponesi si sognerebbero...
Ma torniamo alla cronaca. Nei 2 giorni a Jinghong non ho fatto molto. Un po' di lavori alla bici, un giro lungo il Mekong e soprattutto la sua attraversata. Ho preso la bici e mi sono allontanato un po' dalla città, ho trovato un punto con poca corrente e ho nuotato dall'altra parte. Arrivato di là, un gruppo di una quindicina di persone mi invita a pranzo. Stavano facendo un pic-nic, 4 foglie giganti di banana per terra, un mare di cibo e ovviamente nessuno che parla inglese. Mi riempiono di cibo, mi riservano i pezzi migliori (la zampa di gallina che era nella zuppa, è finita proprio nel mio piatto e guai ad avanzarla) e soprattutto mi obbligano a bere tantissimo. Dopo un'ora passata a masticare, fare gesti e vederli ridere, me ne vado. L'impatto con l'acqua gelata poteva fare vittime, ma ritorno sano e salvo dall'altro lato.
Il giorno dopo sono sul bus, direzione Yuanyang, dove ci sono intere montagne terrazzate e coltivate a riso. La strada per arrivarci è tortuosa, facciamo non più di 350 km in 17 ore, anche a causa di una mezza valanga, che blocca tutto per 4 ore. Però conosco 2 spagnoli simpatici, con cui rimango quasi 5 giorni. Visitiamo le terrazze (faccio altri 100 km in bici), facciamo tante foto e conosciamo una coppia di svizzeri che girano in bici da un anno e mezzo: Italia, Grecia, Turchia, Giordania, Siria, Egitto, Siria, Iran, Dubai, Thailandia, Laos e adesso Cina. Il paese in cui stiamo è proprio piccolo, sperso tra queste vastissime montagne/colline, non ci sono turisti stranieri ma tanti cinesi e verrebbe voglia di starci di più, ma dopo 4 notti parto in direzione Kunming, la capitale della regione. Qui il bus che doveva metterci 6 ore ce ne mette 12 (e arriva alle 4 di notte!). Ci porta a 10 km dalla città, si dorme sul bus fino alle 6 e poi un po' a tentativi e dopo tante imprecazioni trovo un posto dove stare. La città è molto grande ma ordinata, ma ci sto solo un giorno, perché voglio arrivare il prima possibile da mio zio. La vedrò meglio al ritorno.

3 mar 2010

Laos ancora, same same, but different

Fino ad ora la bici si è rivelata una scelta azzeccatissima, nonostante la foratura dopo 20 km e un paio di copertoni non proprio di prima mano che il tipo del negozio mi aveva rifilato. Ho visto bei posti, fatto sport, mi sono fermato in villaggi che altrimenti non avrei mai pensato esistessero e mi muovo con una libertà incredibile.

24 Feb: HuayXay - Don Chai, 55 km, 2h 38', 21.2 avg, 62.1 max. La prima ora parte molto veloce, buco dopo 20 km, ma riparto in fretta. Ai 30 km però inizia la strada veramente brutta, con tanti saliscendi e qualche montagnetta. Avevo sovrastimato la qualità della strada e la mia possibile tenuta, mentre mi avevano detto che la mia meta originaria era molto più vicina e quindi ero partito con calma, nel pomeriggio. Risultato: si stava facendo buio e mancavano ancora 50 km e non c'era segno di un posto dove dormire. A metà di una salita infernale fermo uno dei pochi camion che passavano e mi faccio dare un passaggio fino al prossimo villaggio, che fortunatamente ha una piccola guest-house con 3 stanze. C'è una coppia svizzero-americana che parla un po' di Laotiano e ceniamo tutti insieme con la famiglia, attorno ad un tavolino, mangiando dai piatti comuni e bevendo un sacco di birra e vino. C'è un solo bicchiere, il capofamiglia lo riempie e lo passa a turno e bisogna finirlo in fretta, per far bere anche gli altri!
È stata davvero una bella esperienza: camera spartana, per lavarsi un catino d'acqua e a cena tante cose nuove, che non avrei altrimenti mai provato. Il menù comprendeva un pesce alla griglia, varie erbe che non conosco, alghe fritte, sangue di bufalo (me l'hanno detto solo dopo che l'ho preso!), riso, intestini di bufalo, un liquore simile al mirto fatto con bacche di ginger e il riso. Essendo poi l'unica casa con l'elettricità, c'era tutto il villaggio (una decina di case al massimo) a vedere la televisione, monaci compresi.

25 Feb: Don Chai - Luang Namtha
- tappa 1: Don Chai - Vieng Phoukha, 52.3 km, 2h 34', 19.8 avg, 59.1 max. La prima parte è qualcosa che la Bibbia descriverebbe come "pianto e stridore di denti", con una strada disastrata, salite a ripetizione, una collina da 4 km. Ci metto 1 ora per fare 13 km, poi intorno al ventesimo chilometro la strada diventa asfaltata e vado piuttosto bene, anche perché c'è molta più discesa!
- tappa 2: Vieng Phoukha - Luang Namtha, 62 km, 2h 25', 25.6 avg, 61.0 max. Dopo una sosta di circa un'ora e mezzo, in cui mangio noodles per 20 centesimi di euro, mi aspettano un bell'asfalto, gli ultimi 15 km piatti e come unica asperità una montagnetta da 2 km. Arrivo che sono tanto stanco comunque. Viaggiare con il peso aggiuntivo dello zaino e sotto il sole rende tutto più difficile e meno male che la città è abbastanza grande e trovo un posto dove fanno i massaggi. Mi mangio un'anguria e alla sera si va con l'indiano. Trovo una guest-house nuovissima e veramente bella che costa solo 6 dollari. Gran sonno e pronto alla ripartenza il giorno dopo.

26 Feb: Luang Namtha - Bothen, 58 km, 2h 29', 23.2 avg, 53.4 max. La strada è perfetta, ci sono un paio di salite da 1.5 km, ma nulla di impossibile, peccato per gli ultimi 15 km un po' contro vento, altrimenti veniva fuori una bella media. Arrivo finalmente al confine, accolto con una freddezza incredibile dai militari cinesi. La prima città in Cina è proprio brutta, tutta costruita a nuovo e mezza disabitata, per cui imbarco la bici su un bus e arrivo a Mengla. Qui mi caricano la bici su una moto, mi portano ad un'altra stazione e in serata arrivo a Jinghong, dove inizia il bello dello Yunnan, che mi sta sorprendendo sempre di piu'. Ma ci sara' tempo nei prossimi post per parlarne. Per il momento, grazie a Lino che ci permette di aggirare la censura cinese e quindi pubblicita' al suo blog (notare il .eu): http://www.puntolino.eu/