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20 mar 2007

Non solo sexy: il rossetto

Un estratto dal diario del Tenente Colonnello Mervin Willett Gonin, uno dei primi soldati britannici arrivati a liberare Bergen-Belsen nel 1945 (la seconda parte è notevole):

I can give no adequate description of the Horror Camp in which my men and myself were to spend the next month of our lives. It was just a barren wilderness, as bare as a chicken run. Corpses lay everywhere, some in huge piles, sometimes they lay singly or in pairs where they had fallen. It took a little time to get used to seeing men women and children collapse as you walked by them and to restrain oneself from going to their assistance. One had to get used early to the idea that the individual just did not count. One knew that five hundred a day were dying and that five hundred a day were going on dying for weeks before anything we could do would have the slightest effect. It was, however, not easy to watch a child choking to death from diptheria when you knew a tracheotomy and nursing would save it, one saw women drowning in their own vomit because they were too weak to turn over, and men eating worms as they clutched a half loaf of bread purely because they had to eat worms to live and now could scarcely tell the difference. Piles of corpses, naked and obscene, with a woman too weak to stand proping herself against them as she cooked the food we had given her over an open fire; men and women crouching down just anywhere in the open relieving themselves of the dysentary which was scouring their bowels, a woman standing stark naked washing herself with some issue soap in water from a tank in which the remains of a child floated. It was shortly after the British Red Cross arrived, though it may have no connection, that a very large quantity of lipstick arrived. This was not at all what we men wanted, we were screaming for hundreds and thousands of other things and I don't know who asked for lipstick. I wish so much that I could discover who did it, it was the action of genius, sheer unadulterated brilliance. I believe nothing did more for these internees than the lipstick. Women lay in bed with no sheets and no nightie but with scarlet red lips, you saw them wandering about with nothing but a blanket over their shoulders, but with scarlet red lips. I saw a woman dead on the post mortem table and clutched in her hand was a piece of lipstick. At last someone had done something to make them individuals again, they were someone, no longer merely the number tatooed on the arm. At last they could take an interest in their appearance. That lipstick started to give them back their humanity.


Source: Imperial War museum

25 gen 2007

Riszard Kapuscinsky

Ieri è morto Ryszard Kapuscinsky, uno dei più grandi gionalisti/reporter del nostro tempo. Ho letto un paio di suoi libri e mi hanno veramente affascinato, pieni come sono di Storia e storie, di aneddoti e di leggende, di luoghi e di persone. Un incredibile e inarrivabile mix di preparazione, colpo d'occhio e totale immersione nei luoghi in cui soggiornava, rese con uno stile senza fronzoli e chiarissimo.
E' un modo di fare giornalismo che è forse definitivamente scomparso e che senz'altro da qualche decennio non va più di moda. Sui giornali sono sempre più rari reportage e notizie dall'altro mondo e soprattutto sono sempre di meno i corrispondenti dal posto, capaci di andare oltre alla cronaca, per raccontare le loro esperienze e dare un punto di vista indigeno.
Un altro grande se ne va unendosi agli altri grandi scomparsi negli ultimi 5 anni: Montanelli, Terzani, la Fallaci. Chiavi di interpretazione della realtà che mancano e saranno difficilmente sostituibili.

20 gen 2007

4.20

"My route must have been far from straight, for it seemed hours before I was free of the mirage-plant's pervasive influence... When I did get wholly clear I looked at my watch and was astonished to find that the time was only 4:20". Una citazione da Lovecraft che potrebbe essere all'origine di un modo di dire che forse non si conosce in Italia. Nello slang americano il numero 420 (pronuncia four-twenty) stà comunemente a significare la marijuana e tutto quello che vi è legato (essere sballato, consumarla, averne, ...). Il termine nasce negli anni Settanta, da un gruppo di studenti californiani che regolarmente si riunivano a quell'ora a fumare e da allora è cresciuto in popolarità, fino ad entrare nel gergo comune e in numerosi film o brani musicali.

Su http://en.wikipedia.org/wiki/420_(cannabis_culture) vari dettagli, ma vi segnalo alcune chicche (coincidenze o citazioni). Se vi siete incuriositi e ne trovate altre, postatele come commento:

- piu' di una volta, gli orologi in Pulp Fiction sono fermi alle 4.20;
- il primo attacco di batteria in Stairway to Heaven avviene dopo 4 minuti e 20 secondi;
- il Cappellaio Matto di Alice nel Paese delle Meraviglie ha sul cappello il numero 420;
- in una puntata andata in onda il 20 Aprile (4/20) 1999, Homer Simpson ricorda a Ned Flanders che Barney compie gli anni proprio il 20 Aprile. Nella stessa puntata, all'interno di un casinò, il jackpot segna $420.000;
- Bob Dylan scrive Rainy Day Women #12 & #35 (12 per 35 = 420), in cui il coro canta "everybody must get stoned";
- In Paradise City dei Guns N'Roses, il verso "where the grass is green" compare ai 4' e 20";
- Il muro che separava i Pink Floyd dal pubblico durante il tour The Wall era composto da 420 mattoni.

14 gen 2007

Attenti al morto!

Un articolo di Efraim Medina Reyes pubblicato su Internazionale del 21 Dicembre 2006. Secondo me è un mix tra Wu Ming, Snatch e Desperado. Un po' lungo, ma ne vale la pena:

"Ehi Zurdo, colpiscilo alla testa! Non senti, figlio di puttana, alla testa!", ripete Manni, sul punto di sgolarsi. Poi sussurra all'orecchio del suo assistente: "Che sta succedendo con questo maledetto morto?". Mentre parla gli scuote il braccio con violenza. "Che cazzo vuole questo figlio di puttana d'un morto?".

L'assistente di Manni sta per rispondere ma in quell'istante un merda! unanime fa tremare le gradinate. Manni, a bocca aperta, volge lo sguardo verso il ring. Sugli spalti c'è un breve momento di silenzio, e subito dopo una ragazza con i capelli tinti di rosso, una vecchia e due bambini cominciano a festeggiare.

Il "morto" rimane al centro del ring senza alzare le braccia e con lo sguardo fisso su Zurdo. Zurdo, il pupillo di Manni, giace sul tappeto, rigido come un tronco abbandonato sulla spiaggia. Nell'angolo del "morto" non si muove nessuno. Manni cerca di salire sul ring ma il suo enorme sedere rimane incastrato tra le corde e l'assistente deve spingerlo, suscitando le risate del pubblico. Manni scavalca Zurdo e tra proteste e spintoni mette il "morto" alle corde.

... continua (un altra cinquantina di righe)

7 giu 2006

Calcio e storia

La televisione di notte riesce ogni tanto a stupire, e non solo con i festivalbar degli anni Ottanta, che mi lasciano assolutamente incantato. Ieri sera ad esempio su raidue proponevano uno spettacolo teatrale. Titolo: Italia-Brasile 3-2. Un solo personaggio in scena, metà comico e metà attore, che con un po' di musica ha raccontato la poesia del calcio.

Il calcio non è solo sport, divertimento o anestetico colletivo. A volte produce storie incredibili, come quella successa in Ucraina negli anni '40. Era il periodo dell'occupazione nazista, che aveva smantellato ogni simbolo dell'orgoglio nazionale, compreso il campionato e una delle squadre più forti d'Europa: la Dinamo Kiev. I giocatori persero il lavoro e rischiavano la deportazione. Il loro capitano e portiere Nicolai Trusevich era però riuscito a farsi assumere in un grosso panificio industriale e in poco tempo riuscì a riunirvi tutti i suoi compagni. Lì naturalmente la realtà era ben diversa dal solito: turni massacranti, fame e soprattutto interi mesi senza calciare un pallone. Nonostante questo, nel '42, decisero di rifondare la squadra, e partecipare ad un torneo locale. Erano la Start Kiev, un nome che auspicava un nuovo inizio, ma a dire il vero, nulla era cambiato da prima: vittorie, vittorie e pubblico in visibilio. La voce giunge ovviamente alle autorità tedesche, che organizzano un'amichevole contro la loro migliore selezione militare: la Flakelf, ben nutrita, allenata e imbattuta da sempre.

Lo stadio è pieno, non solo di tifosi, ma anche di SS. Militari, strani personaggi e un arbitro nazista entrano negli spogliatoi della Start. I giocatori vengono invitati a salutare convenientemente le autorità in tribuna e a comportarsi adeguatamente in campo. Che vinca il migliore! Ma Trusevich e i suoi decidono semplicemente di uscire e giocare a calcio. Al momento del saluto, invece del braccio teso all'urlo di "Heil Hitler!", si portano le braccia al petto e gridano all'unisono "FizcultHura!", slogan sovietico e urlo di battaglia dell'Armata Rossa. La partita comincia e nonostante un arbitraggio a senso unico, falli intimidatori e assassini, la Start chiude il primo tempo sul 2-1. Un ufficiale delle SS entra negli spogliatoi e invita a considerare le conseguenze di quello che stà succedendo. Ma il secondo tempo continua come il primo. I giocatori della Flakelf sono storditi dal rumoreggiare del pubblico locale e addirittura, sul 5-3, umiliati dal difensore Klimenko che dopo aver dribblato mezza difesa e il portiere, sulla linea di porta si gira e calcia verso la metà campo. L'arbitro fischia la fine con qualche minuto di anticipo. Lo squadrone ariano è stato ridicolizzato da un pugno di comunisti, gli spalti sono festanti e l'Ucraina s'è presa una piccola rivincita, che fa rinascere la speranza. In compenso le autorità sono furiose ma non possono prendere provvedimenti immediati, temendo la reazione della folla.

Le cronache del giorno dopo non riportano nemmeno una riga della partita e sotto silenzio gli 11 vengono catturati e deportati. Trusevich verrà fucilato, vestito della sua maglia numero 1 e dopo aver urlato "Lo sport rosso non morirà mai". Alcuni compagni faranno la sua stessa fine, di altri semplicemente si è persa traccia.


http://www.hyperhistory.org/index.php?option=
displaypage&Itemid=714&op=page#sub

16 mar 2006

Arca dell'alleanza

Nella letteratura sacra della cultura Etiope compare oltre alla Bibbia anche il Kebra Nagast, un racconto scritto tra il 1310 ed il 1320, che narra l'incontro tra il Re Salomone e la Regina Saba.

La Regina Saba, in seguito alle voci che giravano in Etiopia, si reca alla corte del Re Salomone, per toccare con mano la sua incommensurabile saggezza. Passato qualche mese, la Regina Saba senti il bisogno di ritornare dalla sua gente e diffondere il frutto della saggezza che aveva avuto la fortuna di apprendere da questo grande uomo. Per l'ultima notte il Re invitò la Regina nel suo castello pieno di bellezze. La Regina accettò l'invito e quella sera rimase a cena nel castello del Re Salomone il quale fece appositamente preparare pietanze molto speziate per provocare sete all'ospite, che durante la notte sarebbe rimasta nel castello.

I due fecero un patto che prevedeva nessuna forzatura sessuale da parte del Re nei confronti di Makeda, in cambio del fatto che lei non avrebbe dovuto prendere nulla di ciò che apparteneva a lui. A causa della cena molto salata, la regina si alzò durante la notte e bevve dell'acqua dalla brocca che era stata appositamente posizionata fra i due letti. Appena il Re si accorse che la Regina Saba stesse bevendo, dichiarò rotto il patto preso durante la sera precedente, e la regina dovette concedersi.


Il giorno dopo Makeda partì per tornare al suo paese natio ed il Re le diede il suo anello dicendole che se la notte avesse dato vita ad un figlio, lui lo avrebbe riconosciuto alla vista dell'anello. Infatti il tutto si svolse come previsto. Nacque Menelik che in età matura scoprì dell'esistenza di suo padre, e lo andò a cercare nel suo regno. Quella visita ebbe però un finale abbastanza triste per quanto riguarda la saggezza del Re Salomone, in quanto dopo l'incontro tra i due, l'Arca dell'Alleanza custodita fino a quel momento nel regno del Re, venne trasportata segretamente ad Axum dal figlio, d'accordo con un pugno di ebrei ribelli.

Grazie ai poteri della stessa, i falascià di Menelik, cioè gli ebrei etiopi, avrebbero sollevato senza sforzo le centinaia di tonnellate dei giganteschi obelischi eretti ad Axum. Questa vicenda ha affascinato decine di ricercatori che si sono messi sulle tracce dell'arca leggendaria, compreso l'archeologo ebreo Vendil Indiana Jones, ispiratore dell'omonimo personaggio televisivo.

9 mar 2006

Chador

Sto leggendo l'ennesimo bel libro di Terzani. Si intitola "Buonanotte signor Lenin" ed è il resoconto di un viaggio dell'autore nelle ex repubbliche sovietiche al momento della caduta del comunismo. Il racconto è pieno di aneddoti, personaggi e note storiche, riportati con la consueta ironia e scorrevolezza da un giornalista affascinato dal viaggiare e dal conoscere.

Mi è piaciuto particolarmente il pezzo in cui narra la leggenda che ha dato origine all'obbligo di indossare il chador da parte delle donna mussulmane.

"... Tamerlano, prima di partire da Samarcanda per una spedizione militare, volle far costruire un grande complesso religioso in onore della sua moglie preferita (tra altre nove). L'architetto incaricato della costruzione si innamorò della donna e minacciò di non finire in tempo i lavori se lei non gli si fosse concessa. Sulle prime Bibi-Khanum si rifiutò, ma con il passare del tempo, preoccupata che Tamerlano tornasse e che la costuzione a cui tanto teneva non fosse terminata, finì per cedere alle voglie dell'architetto e si lasciò baciare.
Terrribile errore! Quel bacio fu così focoso che sulla sua guancia rimase come una grande bruciatura. Così conciata non poteva certo presentarsi a Tamerlano e pensò bene di coprirsi la faccia con un velo, ordinando a tutte le donne della città di fare altrettanto.
Ovviamente il buon Tamerlano, tornato a Samarcanda, non volle storie: tolse il velo alla moglie, vide lo scempio e, dopo essersi fatto raccontare la verità, fece trasformare la moschea in una tomba dove seppellì (viva) la moglie infedele. Per ultima cosa, impose a tutte le donne del suo regno di portare per sempre un velo sulla faccia."