23 giu 2008

Take a walk on the wild side

Un po' alla Draghi, ecco le considerazioni finali sul mio giro in Palestina/Israele.

Cose che mi sono piaciute:

- la diversita' culturale: in Terra Santa niente e' netto. Non c'e' semplicemente una differenza tra ebrei e palestinesi, ma tutta una serie di popoli, religioni e stili di vita che convivono. Ebrei ortodossi che vivono nel loro ghetto ed ebrei laici che si ritrovano a centinaia nei bar all'aperto a vedere le partite dell'Europeo; arabi mussulmani, arabi ebrei ed arabi cristiani (che si salutano dicendo "salam aleikum"); cristiani ortodossi e cattolici; cristiani, ebrei e mussulmani di Gerusalemme; arabi dei Territori ed ebrei degli insediamenti; sionisti russi ed etiopi. Capite perche' e' cosi' difficile che ci sia pace in questi posti?

- l'ospitalita' palestinese: nonostante un muro disumanizzante, riescono a mantenere una dignita' incredibile. Una casa di Betlemme e' stata circondata per tre lati dal muro. Il proprietario aveva il divieto di salire in terrazzo, pena la prigione. Gli hanno puntato una telecamera sul tetto e al primo sgarro sono stati implacabili: 6 mesi di carcere per un giro sul tetto...

Cose che NON mi sono piaciute:

- i luoghi sacri: pensavo di essere sopraffatto dalla spiritualita' e invece le comitive dei turisti e le mille sette religiose che popolano chiese e cappelle hanno tolto ogni sacralita' alla Citta' Santa. Ortodossi, Latini, Ameni, Copti, Etiopi, Protestanti si contestano ogni singolo gradino, convento o muro, arrivando spesso anche alle mani se qualcuno invade la zona altrui. E poi la mancata cooperazione risulta in edifici fatiscenti, sporchi, in cui e' impossibile avere un contatto con il mistero o la divinita';

- gli ebrei: sia a Gerusalemme che a Tel Aviv, si sono dimostrati gente poco ospitale, poco incline ad
aiutarti, attaccata ai soldi e poco flessibile. E' senz'altro una generalizzazione, pero' per quello che ho visto e' cosi'. E poi quelli veramente ortodossi sono quasi paurosi. Vestiti tutto il giorno con pantaloni e giacca nera, camicia bianca e cappello, vivono in un loro quartiere che sembra uscito direttamente da un ghetto polacco di inizio secolo scorso.
Alle donne e' proibito indossare pantaloni, mentre i bambini sono tutti uguali: calzoncini al ginocchio, calze (sempre al ginocchio), camicia bianca e maglioncino a righe orizzontali blu e bianche (in pratica la versione kosher del maglione di Folcio). Sono sempre in movimento, non salutano mai, ti guardano sospettosi, non lavorano (fino ai 42 anni sono pagati dal governo per studiare la Torah) e non fanno il servizio militare. Sono un gruppo chiuso, fanatico ed essendo quelli con piu' figli, probabilmente la loro influenza continuera' a crescere.

Un capitolo a parte meriterebbero le persone che ho incontrato in ostello. C'era una tipa sudafricana che circa un anno fa ha ereditato dei soldi dalla nonna (ma lei non ha idea di quanto) e che da allora e' in viaggio. Quando ha bisogno, preleva. Quando i soldi finiranno, ha detto che tornera' a casa.
E poi c'e' il tipo della giungla, che ogni giorno se ne esce con qualcosa di nuovo. Ieri mi ha detto che ogni tanto Dio gli parla. Una volta gli ha chiesto di dire a due travestiti che Lui gli voleva bene. Quando gli ho chiesto che lavoro faceva prima, mi ha risposto cosi': "I am a prostitute: I say and do what other people expect me to say and do".

17 giu 2008

The Truman show

Torno adesso dalla partita dell'Italia, l'ennesima legnata data ai francesi. Sono stato per due giorni in Palestina, a Ramallah (la capitale della Cisgiordania), Nablus e Taybeh e devo dire che ne e' valsa assolutamente la pena. Adesso la situazione mi e' molto piu' chiara e ho capito da che parte stare.
La condizione dei Territori e' veramente drammatica. Sebbene il livello di vita sia piu' elevato di quello che comunemente si pensa (la maggior parte delle famiglie ha stipendi e case piu' che decenti, non ci sono baraccopoli e anche i campi dell'ONU non sono paragonabili a certi quartieri di Delhi o Marrakech), questi poveracci sono costretti a subire una violenza sistematica e senza scopo. Ogni giorno devono passare almeno 3-4 check point, con conseguente discesa dai mezzi, code sotto il sole, umiliazioni dai soldati, perdite di tempo.
Israele ha costruito il muro in modo da inglobare le sorgenti d'acqua, cosi' da avere il pieno controllo della regione. Puo' tagliare elettricita' ed acqua in ogni momento, alzare il prezzo della benzina, non far arrivare la posta e i rifornimenti dall'estero. Mancando porti e aeroporti, la Palestina e' dipendente dal suo peggior nemico, a cui devono anche chiedere il permesso per costruire nuove abitazioni o attivita' commerciali.
E poi nessuno ha un passaporto, per cui niente viaggi: in tanti non hanno mai visto Gerusalemme, distante 20 km, o il mare. E per aggiungere ulteriore fastidio, gli insediamenti dei coloni. Mentre sgombravano gli insediamenti di 8.000 coloni a Gaza, stavano costruendo 30.000 nuove abitazioni in Cisgiordania. In pratica il governo paga un salario e la casa a chi si stabilisce nei Territori, incentivando l'immigrazione di russi ed europei che non devono nemmeno lavorare. Costruiscono villaggi in cima alle colline, cosi' da essere costantemente in vista, strade per raggiungerli e li presidiano con l'esercito. Ovviamente le strade sono riservate agli israeliani e questo crea ancora altre divisioni all'interno della regione.

Doveva essere un giro per vedere i luoghi e le tradizioni degli ebrei e invece si sta' trasformando in un viaggio alla scoperta di cristiani e mussulmani del medio oriente. Domenica mi sono incontrato con un paio di preti del posto e oggi ho trovato un frate francescano dalla chiacchiera facile nella Basilica del Santo Sepolcro. Loro mi hanno fatto vedere il quartiere cristiano, spiegato un po' l'evoluzione di questa comunita' e mi han fatto parlare con un po' di gente.
L'impressione migliore l'ho pero' avuta dagli arabi mussulmani che ho trovato in Cisgiordania. Al mercato volevo un paio di pesche, ma loro le vendevano solo a chili, per cui me le hanno regalate. Nei caffe' si fermavano a salutarmi e per strada ti chiedono se ti sei perso e se ti possono essere utili. Sul taxi colletttivo per Nablus ho iniziato a parlare con il mio vicino, un palestinese della mia eta' e ho finito per passare con lui e i suoi amici tutta la giornata. Mi hanno invitato a casa loro, abbiamo fumato il narghile', giocato a carte, visto la partita dell'Europeo (un noiosissimo Germania-Austria1-0) e sono stato a casa loro a dormire. Sempre gentilissimi, non mi hanno mai fatto pagare nulla, mi hanno fatto vedere la citta' e portato in casa loro, senza chiedere niente in cambio. Mi hanno raccontato un bel po' di cose e veramente non posso non ammirare questa gente semplice, legata ad una terra veramente inospitale e costantemente sotto minaccia.

Vi lascio con una massima del tipo che vive in ostello. Al tedesco che gli faceva notare che il cesso perdeva acqua ha fatto notare che: "having water going out is better than having no water at all". Saggezza orientale.

14 giu 2008

Jerusalem, here I am (cit. Alphablondy)

A piu' 6 mesi di distanza dall'India, torno in viaggio (non me ne vogliano quelli con cui ero ad Alicante, ma quei 3 giorni non contano come viaggio) e questa volta la destinazione e' la Terra Santa. Dopo un giorno e mezzo a Tel Aviv sono a Gerusalemme e da domani si parte all'esplorazione. Per adesso la nota principale e' il caldo quasi infernale (almeno per me, gli altri sembrano conviverci benissimo) di Tel Aviv e il suo stile quasi europeo: bar sulla spiaggia, cocktail, locali alla moda, gente al mare anche durante lo Shabbat (mentre invece per le strade di Gerusalemme non circolava praticamente alcuna macchina), prezzi medio/alti. La gente sta fuori fino a tardi e sembra volersi divertire. Sono arrivato alle 6.30 di giovedi notte e c'era tanta gente per strada e quasi tutti mi hanno dato l'idea di non essere gia' svegli, ma piuttosto ancora svegli.

Quando inizi a parlare con qualcuno, ti viene immancabilmente chiesto se sei ebreo e ovviamente e' anche una delle prime domande che faccio io. Ci sono un po' di turisti, ma tanti degli occidentali che si vedono per strada sono europei o americani (ebrei) emigrati. C'e' gente di un po' tutte le razze, ma quelli che forse sembrano piu' fuoriposto sono i russi, bianchi, biondi e completamente diversi dagli arabi israeliani. La guida dice che negli ultimi 15 anni ne sono arrivati quasi 900.000 (ma anche 44.000 etiopi, eredita' della conversione della regina Saba)...

L'ostello dove sono capitato oggi e' figo. Dal balcone e dal tetto c'e' una vista eccezionale su una piazza e sulle mura della citta' vecchia. Anche la posizione e' comodissima, per cui penso di rimanerci per qualche giorno. Finora ho visto un solo ospite, un tipo americano di circa 45 anni, che dal 2005 vive qui (e per qui intendo esattamente in quella stanza). Un po' strano, ha vissuto in Sud America ed ha gia' sparato una grande massima: "when I was in Peru I lived in the jungle. Also Jerusalem is a jungle, a jungle of ideas"...

14 apr 2008

R. I. P.

22 mar 2008

Free Tibet - 2

Da un articolo di Bernard-Henry Levy sul Corriere della Sera di ieri:

[...] Quello che importa è che, come 18 anni fa, si sia sparato con freddezza sulla folla. Che la capitale, Lhasa, sia stata trasformata in zona di guerra e tenuta sotto stretto controllo da forze di polizia e carri armati, isolata dal mondo. E che i cinesi abbiano mostrato una sovrana indifferenza agli stati d'animo di un Occidente che disprezzano. Avvertiti della nostra pusillanimità durante i massacri in Darfur e le violenze in Birmania, i cinesi hanno capito, o creduto di capire, che noi non ci saremmo dati maggiormente da fare se avessero messo il Tibet a ferro e a fuoco. [...]

[...] Pechino non cederà? I boicottaggi non funzionano? Non si sa mai, finché non si è tentato. Non abbiamo nulla da perdere se ci proviamo, e i popoli cinese e tibetano hanno, invece, tanto da guadagnarci!Non si mescolano sport e politica? Non si priva il mondo di un grande divertimento come le Olimpiadi? D'accordo, amici sportivi. Ma non invertiamo i ruoli. Sono i cinesi a rovinare la festa. Sono loro che disprezzano i principi dei Giochi olimpici. Sono loro i responsabili se la fiaccola, che in maggio sarà innalzata sull'Everest, passerà letteralmente sui corpi di uomini di preghiera e di pace assassinati. Ed è a causa loro, infine, a causa dei macellai di Tienanmen e, adesso, del Tibet, se l'agosto prossimo, quando voi sportivi difenderete le vostre medaglie di fronte ad atleti trattati con anabolizzanti, sottoposti a trasfusioni, trasformati in semi-robot, dovrete correre, lottare, sfilare in stadi macchiati di sangue. [...]

17 mar 2008

Free Tibet

Spero che nessuno vada alle Olimpiadi. E pazienza se perdiamo il commercio con la Cina.
Hanno aumentato il budget per la difesa del 20%, reprimono minoranze di milioni di persone su ognuno dei loro confini e coprono tutto con la propaganda.
Questi sono peggio della Germania degli anni '30 e '40.

25 feb 2008

Needle & Spoon

Era da un po' che non sentivo i Rolling Stones. Stasera mi sono messo e alla prima canzone mi sembra di cogliere qualcosa. Scarico il testo ed ecco tutta la loro irriverenza:

Well, when you're sitting back
In your rose pink cadillac
Making bets on kentucky derby day
I'll be in my basement room
With a needle and a spoon

And another girl to take my pain away


da "Dead Flowers"

5 gen 2008

Afrika

Purtroppo da quando ho Sky in casa passo piu' tempo a vedere Simpson e calcio inglese che a leggere. Nonostante questo, sono riuscito a finire un libro del grande Kapuscinski: "la prima guerra del football". Come tutti i suoi libri e' una collezione di reportage e ci si mette una cinquantina di pagine prima di trovarsi a proprio agio con il suo modo di scrivere. Passato l'inizio, pero', ci si trova catapultati in un universo caldo, colorato e avventuroso come puo' essere solo l'Africa post coloniale degli anni '60.

Dio!

Malgrado tutte le preghiere che Ti rivolgiamo,

le nostre guerre le perdiamo sempre.
Domani affronteremo una nuova battaglia

grande davvero.

Abbiamo piu' che mai bisogno del Tuo aiuto

per cui lasciami dire una cosa:

quella di domani sarà una battaglia dura,

non roba da bambini.

Percio' ti prego

non mandarci in aiuto Tuo figlio,

vieni Tu


(Preghiera di Koqo, capo della tribu' dei grinkuasa,
prima della battaglia contro gli afrikaner nel 1876)