Dopo un paio di tappe in bici da Dali a Lijiang e qualche giorno speso da mio zio, riparto verso Nord, in direzione di Shangri-la', Dequin e le Meili Snow Mountain, una catena montuosa sopra i 6500 metri di altitudine, con il sacro Kawa Karpo, la montagna più sacra per i tibetani (migliaia di pellegrini ogni anno percorrono i 250 km della base in una "kora" di 12 giorni).
Arrivato a Shangri-la', mi riposo un giorno e visito un villaggio tibetano, poi cominciano 2 giorni veramente particolari. Prendo la bici e dovevo fare circa 110km, di cui una ventina di salite e circa 30 di una discesa fantastica, bella pedalabile. Me la prendo comoda, il paesaggio è bellissimo, ma ci sono tanti lavori per strada (inutili, come tutti quelli che ho visto negli ultimi 20 giorni, visto che è una strada che collega 2 paesi da 60.000 abitanti a 190 km di distanza, con nel mezzo il nulla... ma i soldi dello stimolo da qualche parte devono pur andare) e quindi arrivo in un paesino (l'ultimo prima del passo a 4000 metri) che è già buio. C'è una sola guest-house completamente piena, di tutti i tipi che lavorano per strada... meno male che trovo uno che parla un po' di inglese, è il professore della scuola elementare, e insieme insistiamo un po'. Alla fine uno di loro mi cede il suo letto: dormirà con il suo vicino.
Le camere sono da tre (la nostra diventa da 4) e quando chiedo dove posso fare una doccia mi dicono che è una "basic accomodation", non c'è il bagno, non solo in camera, ma in tutto l'edificio. Se voglio c'è uno dei cessi pubblici al di là della strada quelli all'aperto, con i muretti alti 1 metro e senza porta). Sono leggermente sudato, ma va bene uguale, mi laverò il giorno dopo. Mi chiedo però come facciano loro, che lavorano tutto il giorno tra polvere, ruspe e picconi a vivere lì per dei mesi... vado a letto verso le 10 e comincia la processione di gente che vuole vedermi e che grida "hello" dal corridoio. Il mio vicino mi prende il telefono, ci smanetta un po', poi prende il suo e me lo passa: aveva chiamato la figlia, a 3000 km di distanza, visto che lei conosce qualche parola di inglese. L'altro vicino si fuma una sigaretta dopo l'altra, 6 solo tra le 10 e le 11, ma mi sveglio un momento alle 4 e lo becco che ne ha accesa un'altra (ovviamente smoccolando sempre per terra). Ad un certo punto decidono che è ora di dormire, quindi spengono la luce... o meglio, visto che non c'è l'interruttore, si avvicina uno con un fazzoletto e svita la lampadina.
La mattina dopo mi sveglio presto perché il ragazzo che parlava inglese mi ha invitato a visitare la sua scuola. Arrivo alle 9.20 e mi fa fare lezione di inglese!! "What's your name?", i numeri, le parti del corpo, i mezzi di trasporto, qualche altra parola. I bambini hanno 11 anni e sono troppo disciplinati: appena li guardi si alzano in piedi e ci restano fino a quando non gli dici di sedersi. Se ti dimentichi loro sono capaci di rimanere così per delle ore. Una bambina balla, uno canta, qualcuno risponde alle domande, veramente bellissimo. Poi all'intervallo esce fuori tutto il condizionamento a cui sono sottoposti. Un fischio e sono tutti in fila per un ballo di gruppo, un altro fischio e tutti allineati per prendere le caramelle, silenziosi e ordinatissimi. Poi finalmente possono giocare per un po'.
Me ne vado e mi aspettano 85 km per la nuova meta. Di questi i primi 33 sono in costante salita, da 2.650 a 4.300, una mazzata incredibile. Tengo gli 11 all'ora, gran risultato, ma in cima sono cotto e ovviamente nel punto più scomodo appoggio male la bici, cade, si rompe un raggio e qualcosa nella ruota dietro. Mi siedo a bordo strada per provare a sistemare il tutto, senza avere nemmeno la forza per imprecare, ma essendo imbranato non risolvo nulla. Stavo già pensando di lasciare li la bici (un cimitero bellissimo per lei, subito dopo il passo, e soprattutto non avrei dovuto pensare a come riportarla a casa facendomi migliaia di km tra treno e aerei), caricarmi lo zaino in spalla e fare l'autostop quando una macchina si ferma. Speravo per aiutarmi e invece erano 2 ragazzi cinesi con macchine fotografiche spaziali che volevano farmi delle foto, immortalare la sofferenza e la sfiga. Faccio finta di continuare a lavorare, lancio qualche lamento e in un attimo li intorto: mi caricano la bici, salgo di dietro e mi faccio portare alla città dopo. Meno male che sono passati loro, perché dopo un po' di discesa c'era un'altra decina di km di salita, più altri 30 in discesa o falsopiano. E soprattutto non un bar o negozietto e io avevo già finito tutto il mangiare e il bere. In 85 km non una casa o un angolo di umanità, solo degli operai che mi hanno offerto il the. Sarei arrivato stremato, così invece un bel viaggio in prima classe, in un panorama incredibile, tutto in costa, circondato da montagne innevate, oltre i 5000 metri. Mi hanno perfino accompagnato da uno che mi ha riparato la bici!!