Dal libro "Parole nomadi" di Umberto Galimberti (che non ho letto ancora, ma che è già in lista):
Usi e costumi si contaminano e, se "etica" vuol dire "costume", è possibile ipotizzare la fine delle nostre etiche, fondate sulle nozioni di proprietà, territorio e confine, a favore di un’etica che, dissolvendo recinti e certezze, va configurandosi come etica del viandante che non si appella al diritto, ma all’esperienza. Infatti, a differenza dell’uomo del territorio che ha la sua certezza nella proprietà, nel confine e nella legge, il viandante non può vivere senza elaborare la diversità dell’esperienza, cercando il centro non nel reticolato dei confini, ma in quei due poli che Kant indicava nel "cielo stellato" e nella "legge morale", che per ogni viandante hanno sempre costituito gli estremi dell’arco in cui si esprime la sua vita in tensione. Senza meta e senza punti di partenza e di arrivo, che non siano, come per Ulisse, punti occasionali, il viandante, con la sua etica, può essere il punto di riferimento dell’umanità a venire.
Fine dell’uomo giuridico a cui la legge fornisce gli argini della sua intrinseca debolezza, e nascita dell’uomo sempre meno soggetto alle leggi del paese e sempre più costretto a fare appello ai valori che trascendono la garanzia del legalismo. Il prossimo, sempre meno specchio di me e sempre più "altro", obbligherà tutti a fare i conti con la "differenza", come un giorno, ormai lontano nel tempo, siamo stati costretti a farli con il territorio e la proprietà. Fine del legalismo e quindi dell’uomo come l’abbiamo conosciuto sotto il rivestimento della proprietà, del confine e della legge, e nascita dell’uomo più difficile da collocare, perché viandante inarrestabile"
Come scrive Nietzsche: "Abbiamo lasciato la terra e ci siamo imbarcati sulla nave. Abbiamo tagliato i ponti alle nostre spalle. E non è tutto! Guardati innanzi! Ai tuoi fianchi c’è l’oceano: è vero non sempre muggisce, talvolta la sua distesa è come seta e oro e trasognamento della bontà. Ma verranno momenti in cui saprai che è infinito e che non c’è niente di più spaventevole dell’infinito. Oh quel misero uccello che si è sentito libero e urta ora nelle pareti di questa gabbia! Guai se ti coglie la nostalgia della terra. E non esiste più terra alcuna!".L’etica del viandante, che Ulisse per primo ha segnalato, avvia a questi pensieri. Sono pensieri ancora tutti da pensare. Ma il paesaggio da essi dispiegato è già la nostra instabile, provvisoria e incompiuta memoria.
29 mar 2006
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2 commenti:
"nn si legga il nomadismo delle parole come un'anarchica erranza, il nomadismo è la delusione dei forti che rifiutano il gioco fittizio delle illusioni come sfondo protettivo; è la capacità dell'anima di disertare le prospettive scatologiche per abitare il mondo nella sua casualita'"
Annuncio che appena aggiorno il sito questa frase sostituirà la poesia di Blake. Spaziale
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